Questo è il Manifesto di Ventotene, incensato su larga scala da tutti i politici come il pilastro fondante dell’Unione Europea, come simbolo di democrazia e di libertà. La prova provata che tutto quello che denunciamo da anni è vero. Il complotto di tutti i complotti. La teorizzazione dell’uso della forza e la giustificazione della creazione di un nuovo totalitarismo da attuarsi sulla pelle dei popoli, con la costituzione di un nuovo partito assolutamente privo di democrazia interna e anzi neppure mai formalizzato, i cui membri sono quegli stessi che riempiono i salotti televisivi e gli editoriali dei giornali a dire continuamente che “ci vuole più Europa”, perché il popolo è stupido e va fatto pascolare come le pecore. Il ché in una certa misura sarà anche vero (altrimenti non si spiegherebbero la maggior parte dei programmi televisivi), ma la ricetta non può essere “allora fate quello che vi diciamo noi”, ma “allora vi facciamo studiare di più”. Altro che tutelare l’alta finanza, le banche e i capitali: ci vuole lo scorporamento delle spese per l’educazione e la cultura (scuole, università, ricerca, teatri) da qualunque logica di emissione della moneta o parametro di Maastricht: per la scuola lo Stato deve creare il denaro e mandare tutti a scuola gratis, e queste risorse create non rientrano in nessun parametro o calcolo di deficit di nessun tipo. Questo sì che sarebbe stato un Manifesto di Ventotene coraggioso e onesto. Invece hanno costruito solo l’ennesimo politburo, l’ennesima loggia P2 (questa volta a livello globale) per sottomettere gli altri.
Leggete. Imparate a memoria. E poi contestatelo ovunque.
Seguono estratti dal Manifesto di Ventotene, scritto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi e Eugenio Colorni al confino sull’isola di Ventotene, nell’agosto 1941. Per capirci, l’edificio principale del Parlamento Europeo è intestato a Spinelli.
È folle pertanto teorizzare un unico grande totalitarismo mondiale retto da pochi illuminati al fine di garantire la pace. Eppure è proprio questa l’essenza del messaggio del manifesto. Ma come vi ho detto, non credetemi sulla parola. Leggiamo assieme alcuni passaggi.
“Per costituire un largo stato federale, il quale disponga di una forza armata europea al posto degli eserciti nazionali, spazzi decisamente le autarchie economiche, spina dorsale dei regimi totalitari, abbia gli organi e i mezzi sufficienti per fare eseguire nei singoli stati federali le sue deliberazioni, dirette a mantenere un ordine comune, pur lasciando agli Stati stessi l’autonomia che consente una plastica articolazione e lo sviluppo della vita politica secondo le peculiari caratteristiche dei vari popoli”.
Lo schema è dunque uno Stato federale armato che imponga le sue volontà ai membri attraverso uno strumento di costrizione ben preciso: l’esercito. Ma questo è ancora nulla.
In riferimento poi alla Costituzione a Ventotene scrivono:
“Se il popolo è immaturo se ne darà una cattiva, ma correggerla si potrà solo mediante una costante opera di convinzione. I democratici non rifuggono per principio dalla violenza, ma la vogliono adoperare solo quando la maggioranza sia convinta della sua indispensabilità, cioè propriamente quando non è più altro che un pressoché superfluo puntino da mettere sulla i. Sono perciò dirigenti adatti solo nelle epoche di ordinaria amministrazione (omissis…). Nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono già essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente. La pietosa impotenza dei democratici nelle rivoluzioni russa, tedesca, spagnola, sono tre dei più recenti esempi.
In tali situazioni, caduto il vecchio apparato statale, con le sue leggi e la sua amministrazione, pullulano immediatamente, con sembianza di vecchia legalità o sprezzandola, una quantità di assemblee e rappresentanze popolari in cui convergono e si agitano tutte le forze sociali progressiste. Il popolo ha sì alcuni bisogni fondamentali da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere e cosa fare.
Il popolo è dunque, per i nostri “illuminati padri fondatori”, stupido e non sa cosa vuole. È per domarlo serve anche la forza. Che autentici spiriti democratici…
Ed ancora:
“Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarrirti non avendo dietro uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni; pensano che loro dovere sia di formare quel consenso, e si presentano come predicatori esortanti, laddove occorrono capi che guidino sapendo dove arrivare (omissis…). La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria. Un vero movimento rivoluzionario dovrà sorgere da coloro che hanno saputo criticare le vecchie impostazioni politiche; dovrà sapere collaborare con le forze democratiche, con quelle comuniste, ed in genere con quanti cooperano alla disgregazione del totalitarismo, ma senza lasciarsi irretire dalla loro prassi politica”.
In sostanza senza farsi condizionare dal normale dibattito democratico, ma imponendo la sua mente illuminata.
Perciò questi illuminati leader del partito rivoluzionario erano immaginati così dai tre somari:
“Il partito rivoluzionario non può essere dilettantescamente improvvisato nel momento decisivo, ma deve sin da ora cominciare a formarsi almeno nel suo atteggiamento politico centrale, nei suoi quadri generali e nelle prime direttive d’azione. Esso non deve rappresentare una coalizione eterogenea di tendenze, riunite solo transitoriamente e negativamente, cioè per il loro passato antifascista e nella semplice del disgregamento del totalitarismo, pronte a disperdersi ciascuna per la sua strada una volta raggiunta quella caduta. Il partito rivoluzionario deve sapere invece che solo allora comincerà veramente la sua opera e deve perciò essere costituito di uomini che si trovino d’accordo sui principali problemi del futuro. Deve penetrare con la sua propaganda metodica ovunque (omissis…). Durante la crisi rivoluzionaria spetta a questo partito organizzare e dirigere le forze progressiste, utilizzando tutti quegli organi popolari che si formano spontaneamente come crogioli ardenti in cui vanno a mischiarsi le forze rivoluzionarie, non per emettere plebisciti, ma in attesa di essere guidate.
Esso attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto, non da una preventiva consacrazione da parte della ancora inesistente volontà popolare, ma nella sua coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna.
Ed infine arriva la piena confessione e si chiama il tutto con la giusta parola: dittatura.
Testualmente si legge: “Dà in tal modo le prime direttive del nuovo ordine, la prima disciplina sociale alle nuove masse. ATTRAVERSO QUESTA DITTATURA del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato e attorno ad esso la nuova democrazia“.
Cari padri fondatori dell’Europa, è davvero importante ricordarci di voi, è importante ricordarci che dovete andare affanculo voi e i vostri deliri.
Noi vogliamo la democrazia, noi vogliamo il dibattito, noi vogliamo un popolo sovrano, libero anche di sbagliare, senza pastori armati a guidarlo!
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