Questo blog non rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 7.03.2001

giovedì, giugno 16, 2016

Cosa sono gli “helicopter money”

Economisti ed esperti discutono da settimane di un'ipotesi piuttosto estrema per rilanciare l'economia: stampare denaro e distribuirlo alle persone

Nelle pagine dei giornali che si occupano di economia, nelle ultime settimane si parla sempre più spesso di “helicopter money”, espressione con cui si fa riferimento a una politica monetaria “estrema” da parte delle banche centrali: stampare denaro e distribuirlo direttamente ai cittadini. Sembra un’idea assurda eppure se ne sta discutendo sempre più seriamente, anche se molti evidenziano i potenziali rischi di questa eventuale scelta.
Cosa significa “helicopter money”
Esattamente quello che state pensando: lanciare soldi da un elicottero. È un’espressione che deriva da una battuta fatta dall’economista Milton Friedman. Nel 1948 Friedman stava spiegando come uno stato può incrementare la domanda interna – in soldoni: quanto le persone spendono e comprano – e disse che c’era sempre una soluzione monetaria a disposizione. Se tutte le strategie ortodosse non avessero funzionato, al peggio si poteva ricorrere alla distribuzione di denaro lanciandolo direttamente sulla popolazione. Era un esempio assurdo che nessuno ha mai preso in seria considerazione, almeno nel mondo sviluppato.

La ragione è semplice: stati e banche centrali hanno sempre avuto a disposizione altri mezzi per aumentare la domanda interna, senza dover ricorrere a soluzioni così estreme. Il sistema più semplice è la manipolazione dei tassi di interesse a cui le banche centrali prestano soldi alle banche. Se il tasso di interesse è basso, le banche prenderanno in prestito molti soldi e, se tutto va bene, li presteranno a loro volta alle persone a un tasso di interesse basso, mettendo così in circolazione più denaro nell’economia. Più soldi in circolazione, nella migliore delle ipotesi, significa più consumi e investimenti e quindi crescita economica.
Calibrare in maniera corretta i tassi di interesse è considerata una delle principali “arti” dei banchieri centrali. Quando i tassi sono troppo alti rischiano di bloccare l’economia, ma se sono troppo bassi e troppo a lungo, possono danneggiare la redditività delle banche (che, ovviamente, guadagnano di più quando i tassi sono più alti) e rischiano di causare “bolle finanziarie” (se gli interessi sono bassi ovunque, per avere un qualche tipo di ritorno dovrò fare investimenti sempre più rischiosi).
A volte però la manipolazione dei tassi di interesse non è sufficiente a far ripartire l’economia di un paese: è quello che è accaduto negli ultimi anni in diversi paesi del mondo. In questi casi le banche centrali possono ricorrere a politiche definite “non ortodosse”. Per esempio comprare direttamente dalle banche titoli finanziari pubblici o privati: in questo modo le banche centrali trasferiscono direttamente denaro alle banche, nella speranza che queste lo trasmettano al resto dell’economia. Ma cosa accade quando anche le politiche non ortodosse non funzionano?
Una soluzione possibile è distribuire denaro direttamente ai singoli paesi. Non c’è bisogno di gettarlo dagli elicotteri, ma si può ottenere lo stesso effetto per esempio trasferendo denaro agli stati in modo che questi taglino le tasse. Come le banche, non è detto che i governi facciano esattamente quello che gli viene richiesto: per esempio potrebbero spendere il denaro in opere inutili o per finanziare le loro clientele. Un’altra soluzione, ancora più diretta è semplice, è accreditare i soldi direttamente sul conto corrente dei cittadini.
Perché se ne riparla oggi?
Come ha scritto pochi giorni fa Stephanie Flanders sul Financial Times, l’ultimo decennio è stato un periodo particolarmente interessante per gli studiosi di politiche monetarie. Una serie di misure come i “quantitative easing” e i tassi di interesse negativi, che fino a pochi anni fa erano relegati ai testi accademici, sono state messe in pratica nel mondo reale. Quasi tutte le principali banche centrali del mondo hanno utilizzato politiche non ortodosse per aiutare l’economia a riprendersi dopo la recessione mondiale. Persino la banca centrale più cauta e prudente di tutte, la BCE, ha adottato un piano di “quantitative easing”, anche se meno ambizioso di quelli delle banche centrali di Giappone, Stati Uniti e Regno Unito.

I risultati, però, spesso non sono stati all’altezza delle aspettative: la ripresa economica, soprattutto in Europa e Giappone, non ha mostrato particolare vitalità. Secondo alcuni economisti e opinionisti, visti i limiti delle politiche tradizionali e di quelle meno ortodosse, è arrivato il momento di ricorrere a soluzioni “molto poco ortodosse”, come gli “helicopter money”: iniziare a versare denaro direttamente nelle tasche dei cittadini. A sostenerlo non sono pochi eccentrici dalle idee originali. Ne parlano i commentatori dei principali giornali finanziari, come ilWall Street Journal e il Financial Times; ne ha parlato l’ex governatore della Federal Reserve, la banca centrale americana, Ben Bernanke. Persino Mario Draghi, governatore della BCE, ha definitol’opzione “helicopter money” «un’idea molto interessante», anche se ha aggiunto che non ha ancora iniziato a studiare una sua possibile applicazione.
Cosa può andare storto?
Dare soldi direttamente alla gente sembrerebbe l’idea migliore delle mondo, ma in realtà ci sono un mucchio di cose che possono andare male. Il problema più ovvio non è tanto l’inflazione, che è piuttosto bassa in quasi tutto il mondo sviluppato (mentre l’Europa si trova addirittura in deflazione) ma le aspettative che una politica del genere creerebbe nelle persone. Ne ha parlato a lungo Raghuram Rajan, governatore della Bank of India e considerato uno dei banchieri centrali più emergenti e talentuosi, nel corso di una lezione alla London School of Economics di cui in questi giorni si è parlato molto.

Rajan fa questo esempio. Immaginiamo che i banchieri centrali salgano davvero su un elicottero e comincino a gettare denaro sotto di loro. La teoria dice che chi fosse così fortunato da riuscire a mettere le mani sui soldi correrebbe a spenderli. Ma siamo sicuri che sarebbe questa la reazione più naturale? Non sarebbe molto più normale pensare qualcosa come: «Ehi, ma questi stanno davvero buttando soldi dalla finestra? Sono impazziti? È la fine del mondo? Forse sarà meglio mettere questi soldi sotto al materasso e vedere cosa succede». In questo scenario gran parte del denaro finirebbe nei risparmi: nelle banche nel caso migliore, sotto al materasso in quello peggiore. In ogni caso il suo impatto sull’economia sarebbe trascurabile.
In altre parole, secondo Rajan bisogna tenere conto delle conseguenze indirette delle azioni di politica monetaria. È un fenomeno che abbiamo visto in particolare nell’ultimo decennio. Quando una banca centrale annuncia un cambio del tasso di interesse o una misura non ortodossa, l’economia non viene influenzata soltanto dalla misura in sé ma anche dal messaggio che contiene, come è accaduto per esempio con il famoso “whatever it takes”: la frase pronunciata da Draghi nel luglio del 2012 con cui intendeva dire che la BCE avrebbe fatto “tutto il necessario” per preservare l’euro, e che contribuì a raffreddare i timori dei mercati e ad abbassare i rendimenti dei titoli di stato ancora prima che le misure monetarie entrassero in funzione. La soluzione “helicopter money” potrebbe avere un effetto uguale e contrario: dare l’impressione che la situazione sia disperata, persino più grave di quanto sia in realtà. Il timore di Rajan, e di molti altri, è che anche se le cose non fossero messe davvero così male, la profezia finirebbe con l’autoavverarsi.

Nessun commento: