Qualche giorno fa mi è capitato tra le mani un articolo di Franco Remondina, basato sulle analisi di Hal Turner, che mi ha fatto riflettere parecchio. Eravamo abituati a pensare agli Stati Uniti come a una potenza economica inossidabile, ma le dinamiche attuali sembrano raccontare una storia diversa, che si intreccia pericolosamente con le tensioni geopolitiche globali.
L'allarme lanciato dall'articolo è forte: il governo statunitense sarebbe così a corto di liquidità da dover ricorrere all'emissione di bond a brevissimo termine (4 e 8 settimane) per centinaia di miliardi di dollari. La domanda sorge spontanea: come è possibile che una nazione che ha appena riscosso le tasse si trovi in queste condizioni? Sembra quasi un "prestito sullo stipendio" per un'intera nazione. E se nessuno dovesse comprare questi titoli? Lo scenario, seppur estremo, non è da escludere e potrebbe portare a una monetizzazione del debito, ovvero un'iniezione di denaro "creato" dalla Federal Reserve, con il rischio concreto di minare la fiducia nel dollaro a livello globale.
BRICS e le Nuove Regole del Gioco
Ma c'è un altro pezzo del puzzle, forse ancora più significativo: l'ascesa inarrestabile del blocco BRICS. Questi paesi (Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica e i nuovi membri) rappresentano ormai quote impressionanti del PIL globale, della popolazione mondiale, della produzione di petrolio e della crescita economica. I dati sono chiari: i BRICS superano il G7 su molti fronti.
In questo contesto, le recenti affermazioni di Donald Trump – che ha minacciato dazi del 10% contro i paesi che adottano il "sistema BRICS anti-americano" – suonano quasi come un atto di disperazione o una spavalderia fuori luogo. Minacciare un blocco economico così potente, che controlla ormai fette così vaste dell'economia mondiale, potrebbe rivelarsi controproducente. Sembra quasi che gli Stati Uniti si trovino a dover fare i conti con una nuova realtà in cui il loro peso economico e la loro influenza non sono più incontrastati.
La Geopolitica si Infiamma: Dalla Guerra per il Debito?
Qui l'analisi di Remondina si fa davvero inquietante. L'autore ipotizza che, di fronte a un debito pubblico che supera i 37 trilioni di dollari e alla necessità di distogliere l'attenzione dalle proprie difficoltà finanziarie, il governo USA potrebbe essere tentato di scatenare una Terza Guerra Mondiale. Un'idea provocatoria, certo, ma che solleva un dubbio amaro: e se la guerra fosse usata come diversivo, un capro espiatorio per giustificare un eventuale tracollo economico?
L'improvviso cambio di atteggiamento di Trump sull'Ucraina (con un apparente endorsement per maggiori forniture militari) e l'intensificarsi delle tensioni con l'Iran vengono citati come possibili segnali. Abbiamo discusso di come un'escalation tra Iran e Israele, alimentata dalle forniture di missili cinesi e russi a Teheran, sia una possibilità concreta. E qui la logica della reciprocità è lampante: se gli Stati Uniti riprendono a fornire armi all'Ucraina, perché Russia e Cina non dovrebbero fare lo stesso con l'Iran? È un gioco di equilibri di potere, dove ogni mossa sul fronte ucraino può avere ripercussioni dirette sul Medio Oriente, e viceversa.
Un conflitto con l'Iran, soprattutto con l'introduzione di sistemi d'arma avanzati, metterebbe Israele, e in particolare il governo di Netanyahu, di fronte a "guai seri", con rischi enormi per la sicurezza, l'economia e la stabilità interna.
Conclusioni: Navigare in Acque Turbate
Siamo di fronte a uno scenario globale sempre più complesso, dove economia e geopolitica sono indissolubilmente legate. La situazione del debito americano, l'ascesa dei BRICS e le crescenti tensioni militari in diverse regioni del mondo sono pezzi di un unico, grande puzzle.
L'articolo di Remondina ci spinge a guardare oltre le prime pagine dei giornali e a interrogarci sulle reali motivazioni dietro certe scelte politiche. Il concetto che un governo possa ricorrere a un conflitto per mascherare le proprie inadempienze finanziarie è un'idea che dovrebbe farci riflettere profondamente.
Cosa ne pensate? Siamo davvero sull'orlo di una catastrofe globale spinta dalla necessità di nascondere un'enorme bancarotta nazionale? O è un'analisi troppo pessimistica? La discussione è aperta.
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