Che cosa sta succedendo sulle riserve auree mondiali? Sul mercato
dell’oro c'è un clima da guerra fredda: per la prima volta in 50 anni,
le banche centrali hanno comprato l’anno scorso oltre 640 tonnellate
di lingotti d’oro, quasi il doppio rispetto al 2017 e il livello più
elevato dal 1971, quando il presidente degli Stati Uniti
Richard Nixon (nella foto) chiuse l’era del Gold Standard.
dell’oro c'è un clima da guerra fredda: per la prima volta in 50 anni,
le banche centrali hanno comprato l’anno scorso oltre 640 tonnellate
di lingotti d’oro, quasi il doppio rispetto al 2017 e il livello più
elevato dal 1971, quando il presidente degli Stati Uniti
Richard Nixon (nella foto) chiuse l’era del Gold Standard.
Il fatto interessante è che le banche centrali europee,
insieme a quelle asiatiche, sono state le più aggressive
negli acquisti: paura di crisi dell’euro e di guerre valutarie?
insieme a quelle asiatiche, sono state le più aggressive
negli acquisti: paura di crisi dell’euro e di guerre valutarie?
In realtà, e questo vale soprattutto in Europa, dietro le
grandi manovre sulle riserve auree non c’è solo il
tradizionale scudo protettivo contro i grandi rischi: c’è
anche il richiamo dell’opportunità. Un richiamo di cui pochi
sembrano ancora a conoscenza, malgrado l’appuntamento
sia ormai questione di poche settimane: quelle che
mancano al 29 marzo del 2019. Il giorno del giudizio per
la Brexit sarà anche quello dell’avvento per il mercato dell’oro.
grandi manovre sulle riserve auree non c’è solo il
tradizionale scudo protettivo contro i grandi rischi: c’è
anche il richiamo dell’opportunità. Un richiamo di cui pochi
sembrano ancora a conoscenza, malgrado l’appuntamento
sia ormai questione di poche settimane: quelle che
mancano al 29 marzo del 2019. Il giorno del giudizio per
la Brexit sarà anche quello dell’avvento per il mercato dell’oro.
Non è chiaro se per scelta o per
caso, la Banca dei Regolamenti
Internazionali di Basilea, la
«Banca delle banche centrali»
per il suo ruolo-chiave nel
sistema finanziario mondiale, ha fissato
infatti per il 29 marzo un appuntamento
con la storia: la resurrezione del
Gold Standard nel mondo bancario.
Per quasi 60 anni, il gold standard
ha regolato la convertibilita tra oro e dollaro, agganciandone
il valore di mercato: nel 1971 fu il presidente americano
Richard Nixon, spaventato dalle pressioni ribassiste che
rischiavano di affondare il dollaro in piena guerra fredda,
a tagliare il cordone con l’oro decretando la fine del gold
standard. Ora qualcosa comincia a muoversi in direzione opposta.
caso, la Banca dei Regolamenti
Internazionali di Basilea, la
«Banca delle banche centrali»
per il suo ruolo-chiave nel
sistema finanziario mondiale, ha fissato
infatti per il 29 marzo un appuntamento
con la storia: la resurrezione del
Gold Standard nel mondo bancario.
Per quasi 60 anni, il gold standard
ha regolato la convertibilita tra oro e dollaro, agganciandone
il valore di mercato: nel 1971 fu il presidente americano
Richard Nixon, spaventato dalle pressioni ribassiste che
rischiavano di affondare il dollaro in piena guerra fredda,
a tagliare il cordone con l’oro decretando la fine del gold
standard. Ora qualcosa comincia a muoversi in direzione opposta.
L’oro come denaro contante
Il Sole 24 Ore ha scoperto che tra le complesse ma ben
note riforme degli standard per il credito e la finanza da
l piano «Basilea 3», si nasconde un’alchimia contabile in
grado di trasformare l'oro in moneta nei bilanci dei grandi
gruppi bancari. Dal 29 marzo, per decisione della BRI,
l’oro in portafoglio alle banche commerciali e d’affari diventa
«Cash Equivalent», un asset equivalente al denaro contante
e quindi «risk free». Di fatto, è la prima «rimonetizzazione
dell'oro» dai tempi dell’accordo di Bretton Woods: i tecnici
la chiamano «Gold Remonetization», processo inverso
a quello della «demonetizzazione» dell’oro decisa da Nixon.
note riforme degli standard per il credito e la finanza da
l piano «Basilea 3», si nasconde un’alchimia contabile in
grado di trasformare l'oro in moneta nei bilanci dei grandi
gruppi bancari. Dal 29 marzo, per decisione della BRI,
l’oro in portafoglio alle banche commerciali e d’affari diventa
«Cash Equivalent», un asset equivalente al denaro contante
e quindi «risk free». Di fatto, è la prima «rimonetizzazione
dell'oro» dai tempi dell’accordo di Bretton Woods: i tecnici
la chiamano «Gold Remonetization», processo inverso
a quello della «demonetizzazione» dell’oro decisa da Nixon.
Stesso status dei bond sovrani
L'operazione della BRI, secondo
quanto ricostruito dal Sole24Ore,
porta la firma della FED, della BCE,
della Bundesbank, della Banca
d'Inghilterra e della Banca di
Francia, il G-5 delle grandi potenze
monetarie globali. Nel 2016, quando
furono definite le nuove regole del
sistema bancario inserite nel pacchetto «Basilea 3», il Comitato
dei banchieri centrali ha inserito una norma di portata epocale
che nessuno ha mai però discusso apertamente in pubblico.
In pratica, l'oro in lingotti “fisici” - quindi non sotto la forma
“sintetica” come i certificati - torna ad essere considerato
dai regolatori come l'equivalente del dollaro e dell'euro in
termini di sicurezza patrimoniale, eliminando così l'obbligo di
ponderarne il rischio ai fini dell'assorbimento di capitale, come
avviene con ogni altro asset finanziario, esclusi
(per ora) i titoli di Stato dell'Eurozona. La
svolta non è di poco conto, per il mercato dell'oro
e per il ruolo stesso delle riserve
auree nazionali. Il risultato è rilevante: con le nuove
regole di Basilea 3, viene assegnato all'oro lo stesso
oggi riconosciuto ai Bond sovrani nei bilanci delle banche.
Una domanda sorge dunque spontanea: la promozione
dell'oro è forse la premessa per applicare un coefficiente
di ponderazione del rischio ai Titoli di Stato posseduti
dalle banche? Dalla crisi del debito, l'obietivo dei regolatori
è stato infatti duplice: imporre al sistema bancario di
detenere un patrimonio adeguato a coprire l'entità dei
rischi. Nel mirino ci sono soprattutto i Titoli di Stato, che
in base alle regole attuali possono essere detenuti
dalle banche senza alcun impatto sul loro patrimonio.
La questione riguarda principalmente paesi a basso
rating come l'Italia, la Spagna, il Portogallo e la Grecia,
osservati speciali dopo la crisi del debito nel 2011.
quanto ricostruito dal Sole24Ore,
porta la firma della FED, della BCE,
della Bundesbank, della Banca
d'Inghilterra e della Banca di
Francia, il G-5 delle grandi potenze
monetarie globali. Nel 2016, quando
furono definite le nuove regole del
sistema bancario inserite nel pacchetto «Basilea 3», il Comitato
dei banchieri centrali ha inserito una norma di portata epocale
che nessuno ha mai però discusso apertamente in pubblico.
In pratica, l'oro in lingotti “fisici” - quindi non sotto la forma
“sintetica” come i certificati - torna ad essere considerato
dai regolatori come l'equivalente del dollaro e dell'euro in
termini di sicurezza patrimoniale, eliminando così l'obbligo di
ponderarne il rischio ai fini dell'assorbimento di capitale, come
avviene con ogni altro asset finanziario, esclusi
(per ora) i titoli di Stato dell'Eurozona. La
svolta non è di poco conto, per il mercato dell'oro
e per il ruolo stesso delle riserve
auree nazionali. Il risultato è rilevante: con le nuove
regole di Basilea 3, viene assegnato all'oro lo stesso
oggi riconosciuto ai Bond sovrani nei bilanci delle banche.
Una domanda sorge dunque spontanea: la promozione
dell'oro è forse la premessa per applicare un coefficiente
di ponderazione del rischio ai Titoli di Stato posseduti
dalle banche? Dalla crisi del debito, l'obietivo dei regolatori
è stato infatti duplice: imporre al sistema bancario di
detenere un patrimonio adeguato a coprire l'entità dei
rischi. Nel mirino ci sono soprattutto i Titoli di Stato, che
in base alle regole attuali possono essere detenuti
dalle banche senza alcun impatto sul loro patrimonio.
La questione riguarda principalmente paesi a basso
rating come l'Italia, la Spagna, il Portogallo e la Grecia,
osservati speciali dopo la crisi del debito nel 2011.
Le banche di questi Paesi, sia per aumentare la redditività
(carry trade) sia per agevolare l'emissione di debito pubblico
nelle aste, hanno il più alto ammontare di titoli di Stato
nell'eurozona. E questo fenomeno è particolarmente
in Italia, dove il sistema bancario possiede 400 miliardi
di BTp sui 2.400 miliardi di debito pubblico. Che cosa
succederebbe allora, se venisse applicata a ponderazione
per il rischio sui BTP come vuole il Comitato di
Basilea? Le conseguenze dipendono dal livello di
ponderazione del rischio applicato sui BTP: se
fosse alto, alcune banche potrebbero essere costrette
a sostituire i titoli con altri asset finanziari, oro compreso
, oppure a procedere ad aumenti di capitale. In un momento
in cui il mercato è restio ad acquistare azioni bancarie, il
rischio di ripercussioni sulla stabilità del sistema bancario
potrebbe essere alto. Basta guardare i Credit default swap
(l'assicurazione dal rischio di default) sulle banche italiane
: secondo i dati di Bloomberg, i Cds a 5 anni di alcune tra
le maggiori banche italiane hanno avuto un'impennata dalla
primavera del 2018, anche triplicando in alcuni casi il
valore. E' in questo contesto che la data del 29 marzo si
avvicina rapidamente.
(carry trade) sia per agevolare l'emissione di debito pubblico
nelle aste, hanno il più alto ammontare di titoli di Stato
nell'eurozona. E questo fenomeno è particolarmente
in Italia, dove il sistema bancario possiede 400 miliardi
di BTp sui 2.400 miliardi di debito pubblico. Che cosa
succederebbe allora, se venisse applicata a ponderazione
per il rischio sui BTP come vuole il Comitato di
Basilea? Le conseguenze dipendono dal livello di
ponderazione del rischio applicato sui BTP: se
fosse alto, alcune banche potrebbero essere costrette
a sostituire i titoli con altri asset finanziari, oro compreso
, oppure a procedere ad aumenti di capitale. In un momento
in cui il mercato è restio ad acquistare azioni bancarie, il
rischio di ripercussioni sulla stabilità del sistema bancario
potrebbe essere alto. Basta guardare i Credit default swap
(l'assicurazione dal rischio di default) sulle banche italiane
: secondo i dati di Bloomberg, i Cds a 5 anni di alcune tra
le maggiori banche italiane hanno avuto un'impennata dalla
primavera del 2018, anche triplicando in alcuni casi il
valore. E' in questo contesto che la data del 29 marzo si
avvicina rapidamente.
I Paesi che hanno rimpatriato
l'oro dall'estero riconquistandone
il controllo e la gestione si sentono
già al riparo dal rischio di trovarsi
dopo il 29 marzo a corto d'oro
fisico da mettere a disposizione delle
proprie banche in caso volessero
sostituirlo ai bond sovrani. Nell'arsenale
del sistema, c'è un montagna d'oro
da 33mila tonnellate metriche d'oro
che vale 1.400 miliardi di dollari al
cambio attuale. E che rappresenta
il 20% di tutto l'oro estratto nel mondo in quasi 3mila anni.
Come al solito, i Paesi più lungimiranti e prudenti - o
forse i meglio informati sulla svolta di fine marzo,
sono stati la Germania, l'Olanda, l'Austria, la Francia, la
Svizzera e il Belgio, ma anche la Polonia, la Romania e
l'Ungheria hanno ripreso il controllo delle riserve auree
aumentandone anche la consistenza. Cina, Russia, India e
Turchia sono state
invece le nazioni che hanno comprato oro negli ultimi due
anni più di chiunque altro, con Mosca che ha
addirittura liquidato l'intero portafoglio in titoli di Stato americani
per sostituirli con il metallo prezioso. Ma il problema non è
questo: è sul prezzo dell’oro che i conti non tornano.
l'oro dall'estero riconquistandone
il controllo e la gestione si sentono
già al riparo dal rischio di trovarsi
dopo il 29 marzo a corto d'oro
fisico da mettere a disposizione delle
proprie banche in caso volessero
sostituirlo ai bond sovrani. Nell'arsenale
del sistema, c'è un montagna d'oro
da 33mila tonnellate metriche d'oro
che vale 1.400 miliardi di dollari al
cambio attuale. E che rappresenta
il 20% di tutto l'oro estratto nel mondo in quasi 3mila anni.
Come al solito, i Paesi più lungimiranti e prudenti - o
forse i meglio informati sulla svolta di fine marzo,
sono stati la Germania, l'Olanda, l'Austria, la Francia, la
Svizzera e il Belgio, ma anche la Polonia, la Romania e
l'Ungheria hanno ripreso il controllo delle riserve auree
aumentandone anche la consistenza. Cina, Russia, India e
Turchia sono state
invece le nazioni che hanno comprato oro negli ultimi due
anni più di chiunque altro, con Mosca che ha
addirittura liquidato l'intero portafoglio in titoli di Stato americani
per sostituirli con il metallo prezioso. Ma il problema non è
questo: è sul prezzo dell’oro che i conti non tornano.
Nel 2018, ben 641 tonnellate di lingotti d'oro sono stat
i acquistati dalle autorità monetarie di ogni continente, ma
soprattutto in Europa: è il livello più alto dal 1971. La manovra
non ha precedenti e va inquadrata nel fenomeno dei rimpatri
di lingotti di Stato affidati in custodia. Settemila tonnellate di
riserve aure sono state ritirate dalle banche centrali dai
forzieri della Federal Reserve di New York, mentre 400
tonnellate sono uscite in gran segreto dalla Banca d'Inghilterra.
Negli ultimi anni, ma soprattutto nel 2018, un balzo del prezzo
dell’oro sarebbe stato nell’ordine delle cose. Al contrario, l’oro
ha chiuso l’anno scorso con un ribasso complessivo del 7%
e un rendimento finanziario negativo. Come si spiega?
i acquistati dalle autorità monetarie di ogni continente, ma
soprattutto in Europa: è il livello più alto dal 1971. La manovra
non ha precedenti e va inquadrata nel fenomeno dei rimpatri
di lingotti di Stato affidati in custodia. Settemila tonnellate di
riserve aure sono state ritirate dalle banche centrali dai
forzieri della Federal Reserve di New York, mentre 400
tonnellate sono uscite in gran segreto dalla Banca d'Inghilterra.
Negli ultimi anni, ma soprattutto nel 2018, un balzo del prezzo
dell’oro sarebbe stato nell’ordine delle cose. Al contrario, l’oro
ha chiuso l’anno scorso con un ribasso complessivo del 7%
e un rendimento finanziario negativo. Come si spiega?
Mentre le banche centrali rastrellavano dietro le quinte
lingotti d’oro “vero”, allo stesso spingevano e coordinavano
l’offerta di centinaia di tonnellate di “oro sintetico” sui
listini di Londra e New York, dove avviene il 90% delle
contrattazioni sui metalli preziosi: l’eccesso d’offerta d
i derivati sull’oro serviva ovviamente per buttarne giù il
prezzo, costringendo gli investitori a liquidare le posizioni
per limitare le forti perdite accumulate sui futures. Così,
più il prezzo dei futures scendeva più gli investitori
vendevano “oro sintetico”, innescando spirali ribassiste
sfruttate dalle banche centrali per comprare oro fisico a
prezzi sempre più bassi. Con buona pace di chi guarda
all’oro come a un rifugio sicuro. Cina, India, Russia e
Turchia, ha praticamente raddoppiato le riserve auree
negli ultimi cinque anni con questo sistema. Mosca,
per comprare oro, ha persino venduto l’ultimo 20% di
titoli di Stato americani che aveva nelle riserve valutarie.
lingotti d’oro “vero”, allo stesso spingevano e coordinavano
l’offerta di centinaia di tonnellate di “oro sintetico” sui
listini di Londra e New York, dove avviene il 90% delle
contrattazioni sui metalli preziosi: l’eccesso d’offerta d
i derivati sull’oro serviva ovviamente per buttarne giù il
prezzo, costringendo gli investitori a liquidare le posizioni
per limitare le forti perdite accumulate sui futures. Così,
più il prezzo dei futures scendeva più gli investitori
vendevano “oro sintetico”, innescando spirali ribassiste
sfruttate dalle banche centrali per comprare oro fisico a
prezzi sempre più bassi. Con buona pace di chi guarda
all’oro come a un rifugio sicuro. Cina, India, Russia e
Turchia, ha praticamente raddoppiato le riserve auree
negli ultimi cinque anni con questo sistema. Mosca,
per comprare oro, ha persino venduto l’ultimo 20% di
titoli di Stato americani che aveva nelle riserve valutarie.
Quanto è compatibile una situazione del genere con i doveri
di correttezza e trasparenza di una banca centrale? Di sicuro,
il sistema creato dai «Goldfinger» anglo-americani
sembra davvero fatto apposta per gli abusi. Chissà che
accadrà dopo il 29 marzo...
di correttezza e trasparenza di una banca centrale? Di sicuro,
il sistema creato dai «Goldfinger» anglo-americani
sembra davvero fatto apposta per gli abusi. Chissà che
accadrà dopo il 29 marzo...
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