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venerdì, maggio 08, 2020

8 MAGGIO 2020 DI FRANCO REMONDINA Una constatazione: le Banche Centrali hanno finito!



Non è un errore, l’uso del verbo avere invece che il verbo essere, le banche centrali hanno finito cosa?
E’ questo, il fulcro della domanda, il complemento di specificazione, cosa hanno finito? Non certo i soldi, visto che possono crearne a iosa, quel che hanno finito sono le opzioni, il come agire da adesso in poi.
Strutturate e funzionali solo per gli speculatori, hanno perso di vista la società.
Strutturate per difendere il valore della merce che producono, cioè moneta-debito, ovvero gravata di interesse, hanno di fatto ucciso la loro stessa merce uccidendo i compratori.
E’ una legge matematica, se tutti sono indebitati, l’offerta di denaro tende a non essere accettata.
La faccio semplice, nessun economista vi dirà che le cose stanno cosi, ma le cose stanno proprio cosi.
Da cosa potete capirlo: dai tassi negativi, presenti ovunque.
Se il denaro-debito creato dalle BC fosse una merce pregiata perchè sono le BC a pagarti per prendere la loro merce?
Perchè ti offrono 100 per averne indietro 99?
Qualcosa è andato storto.
Non è mai accaduto nella storia, non ci sono mai stati tassi negativi nella storia.
Il problema è che si è estinta l’inflazione.
Il trucco dei tassi negativi sta giungendo al suo picco e spazzerà via il concetto stesso di Banca Centrale cosi come è stato pensato fin dal 1694 con la creazione della Banca d’Inghilterra.
Come saranno le nuove BC?
Ci sono due opzioni: a) statalizzate ma con un lo stesso criterio contabile, b) statalizzate ma con un criterio contabile nuovo.
Mi sto avventurando in un campo di ipotesi completamente nuovo, non essendo un economista posso permettermi di pensare l’impensabile, cosa che gli economisti non sanno fare, in genere accade questo in ogni campo, il professionista è abile all’interno dei dogmi che ha accettato e che professa, ma questo lo rende limitato nelle scelte, le sue decisioni sono ristrette dal suo dogma, un principiante invece ha come riferimento tutte le possibilità…
Fatto salvo che sia lo Stato a rendere vero il denaro poichè stabilisce attraverso la legislazione il mezzo con cui si debbano pagare i tributi, allora non si capisce a che titolo si invochi l’autonomia della BC.
Lo stato stabilendo cosa sia moneta all’interno dei suoi confini, usa e crea la quantità necessaria a gestire ogni tipo di transazione di merci all’interno della sua giurisdizione. Questa quantità di denaro esistente è, di fatto il valore attribuito a opere come strade, ponti, ferrovie, telecomunicazioni, porti, scuole, aeroporti, ospedali, fabbriche, linee elettriche etc etc..
Ma oltre a queste opere materiali ci sono anche opere non materiali, ovvero tutta la produzione dell’intelletto di persone viventi di quello stato. Il cosiddetto know-how, ovvero il “sapere come fare ogni cosa”.
Questo è un capitolo importante, anzi basilare, fondamento del valore stesso del denaro di quello stato.
Più è alto il Know-how, più alto è il valore intrinseco del denaro dello stato.
C’è un PIL che non viene conteggiato, ovvero quello.
Ecco quindi il nuovo concetto: Lo Stato come rappresentazione diretta delle capacità del popolo che lo forma diventa Banca di sè stesso.
Come contabilizza?
Invece della partita doppia taroccata che le banche centrali hanno usato dal 1973 ad oggi, dove facevano finta che ci fosse ancora la convertibilità in oro quando invece non era e non è più cosi, lo Stato corregge immediatamente gli articoli 1834 e seguenti, del codice Civile.
Istituisce un conto dove confluiscono presso il Tesoro tutti i conti correnti degli abitanti di quello stato, in questo modo non ha bisogno di andare a reperire soldi sul mercato.
Ogni anno il conto aumenta per effetto della creazione di merci materiali e immateriali.
Facile, semplice, sicuro e “degno di fiducia”, cioè la fiducia in noi stessi.
Noi, il popolo, che è lo Stato.
Utopia? No, logica elementare…
Avendo a disposizione sul conto del Tesoro tutti i soldi presenti nella nazione, sapendo che non tutti li ritireranno per via del “degno di fiducia” implicito, può usare il denaro che rimane “dormiente” per investirlo in opere pubbliche, per obbligare le Università a riconvertirsi in tema di know-how invece che le cazzate attuali.
Lo spreco della formazione è davvero evidente, non c’è altro che consuetudine in quella formazione, anzi è controproducente normare la consuetudine, una deve rimanere universale nella sua esposizione…

Vabbè smetto…
Di Franco Remondina (Dodicesima.com)

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