Ovvero: come risolvere il problema della disoccupazione con due semplici mosse.
Tratto dal saggio L'illusione della libertà, bestseller di Amazon nella categoria sociologia. Disponibile anche in download gratuito al seguente indirizzo.
Se vi chiedessi di esporre la miglior soluzione possibile per risolvere l'attuale crisi occupazionale, quasi certamente mi rispondereste che bisognerebbe far crescere l'economia in modo da creare lavoro.
A quel punto i consumi ripartirebbero e il sistema economico si rimetterebbe in moto.
Bene, se la pensate in questo modo iniziate a preoccuparvi:
i mass media hanno fatto un ottimo lavoro su di voi, avete imparato in maniera ineccepibile quello che dovevate imparare, pensate esattamente ciò che dovete pensare e ripetete come un pappagallo la presunta verità utile al potere.
Vi assicuro che c'è almeno una soluzione di gran lunga migliore. Come faccio a esserne certo?
Semplice, perché quella appena illustrata è la soluzione di cui ha bisogno il capitale, la classica "verità" diffusa a Ballarò (1), tanto per intenderci, e dal momento che il capitale trae vantaggio dallo sfruttamento indiscriminato di esseri umani e di risorse, già intuisco che quella, di certo, non può essere la strada ottimale, perché i capitalisti non guardano al benessere collettivo ma al loro egoistico interesse.
Non c'è bisogno di creare più lavoro, di lavoro ce n'è anche troppo, solo che è mal ripartito. C'è chi lavora 10 ore al giorno, sabato incluso, e chi è disoccupato.
Non dobbiamo rilanciare ulteriormente i consumi, perché è evidente che stiamo già iper-consumando.
L'ecosistema non ne può più del nostro stile di vita e inizia "amorevolmente" a inviarci dei segnali che dovrebbero farci intuire che non è più il caso di continuare così.
Ma al netto di queste belle parole, la disoccupazione resta. E allora, che fare?
Veniamo subito al dunque: per eliminare la disoccupazione è sufficiente ridurre l'orario di lavoro senza diminuire gli stipendi, finanziando l'operazione con una semplice manovra redistributiva.
Ora immaginate per un attimo cosa accadrebbe se tutti tornassero ad avere un lavoro con un orario ridotto e un livello di retribuzione invariato...
Semplice, le persone avrebbero più tempo per vivere la vita e i mass media potrebbero tornare a dedicare maggior spazio a tutte le stupidaggini che desiderano, come la cronaca, il calcio mercato o il gossip, continuando a distrarre e anestetizzare le menti così come hanno sempre fatto.
Lo so a cosa state pensando... lo so perfettamente! Che non ci sono i soldi per una simile manovra economica, e che quindi sia impossibile mantenere le retribuzioni invariate.
Vi leggo nella mente perché anche io sono quotidianamente indottrinato dal sistema, ma vivendo nella consapevolezza di questo fatto, cerco di andare oltre e mi chiedo: da dove prendiamo quei soldi?
Anche in questo caso, per quanto intendano farci credere che non ci siano soluzioni, le risposte sono almeno due.
La prima, è che il denaro è semplicemente un segno contabile creato dal nulla e a costo zero, memorizzato all'interno di qualche server di una banca.
Quindi dire che non ci sono i soldi per finanziare una certa operazione è una chiara assurdità.
I soldi ci sono, sono virtualmente infiniti e costano praticamente zero.
Guarda caso quando c'è da fare una guerra, o da rifinanziare il sistema bancario, come per magia i soldi spuntano sempre fuori e chissà come mai invece, quando si tratta di migliorare le condizioni di vita degli esseri umani ciò non è più possibile!
Si potrebbe quindi pensare a un'opportuna politica monetaria volta a integrare la diminuzione dello stipendio, ad esempio istituendo un reddito d'esistenza, ovvero una somma di denaro accreditata mensilmente, concessa a tutti gli individui di ogni età solo ed esclusivamente per il fatto di esistere.
La seconda, è che il PIL pro-capite in Italia è di 25.000 € all'anno circa, nonostante la crisi (2).
Pro-capite significa per ogni individuo: neonati, bambini, adolescenti, studenti, disoccupati, occupati e pensionati inclusi.
Quindi, in linea teorica, ogni italiano potrebbe disporre di 25.000 € all'anno a testa.
Così facendo una famiglia composta da padre, madre e 2 figli avrebbe un reddito di 100.000 € all'anno. Mica male!
Ma allora i soldi ci sono? Certo, e anche se non ci fossero potremmo sempre crearli dal nulla, se solo i politici, che "notoriamente" stanno dalla parte del popolo, non avessero ceduto la sovranità monetaria alle banche private!
Ma se tutti quei soldi sono in circolo, perché esiste la povertà?
Oh è semplicissimo: perché, invece di suddividere in parti uguali la ricchezza che siamo in grado di produrre, c'è chi se ne appropria avidamente in eccesso rispetto alla media.
La matematica ci dice che per ogni individuo che ha ricchezza al di sopra della media devono essercene altri che ne hanno al di sotto.
Che ci volete fare, a forza di guardare la TV ci siamo convinti che sia giusto che esistano individui ricchi, perché sono meritevoli, intelligenti, bravi, furbi o belli...
ma purtroppo ci siamo anche dimenticati che nella Società Capitalistica all'opulenza dei pochi corrisponde il malessere di molti, perlomeno fin quando non tocca a noi scendere sotto la media e trasformarci in poveri, stranamente in quel caso anche la matematica diventa chiara e semplice.
Allora chiediamoci: com'è allocata la ricchezza in Italia? Ce lo dice Bankitalia: il 10% delle famiglie più ricche possiede il 46,6% delle ricchezza netta familiare totale (3).
E nel mondo va ancora peggio: nel 2016 l’1% della popolazione sarà più ricco del restante 99%, stando a quanto recentemente dichiarato da Oxfam (4).
Bene, ma se l'1% della popolazione mondiale detiene il 50% della ricchezza totale, questo significa che il restante 99% potrebbe raddoppiare la propria ricchezza se solo quell'eccesso di accumulazione venisse redistribuito. E già, avete capito bene: raddoppiare!
Ma noi per risolvere la questione inerente la disoccupazione in Italia non dobbiamo mica raddoppiare la nostra ricchezza!
Abbiamo bisogno di diminuire l'orario di lavoro e mantenere inalterati gli stipendi, integrando il tutto con una manovra redistributiva che potrebbe essere finanziata prelevando ricchezza da chi ne ha in eccesso. Tutto qui!
Se immaginiamo di diminuire l'orario di lavoro di 1 ora al giorno, il nostro stipendio non verrà di certo dimezzato, ma diminuirà del 12,5% .
Se invece volessimo ridurlo di 2 ore al giorno, calerebbe di un 25%, nel caso di una diminuzione di 3 ore, ci sarebbe un ammanco del 37.5%.
D'accordo, ma di quanto dovrebbe diminuire l'orario? E soprattutto quanto costerebbe complessivamente una simile manovra?
Secondo le statistiche ISTAT, in Italia ci sono 22 milioni e 360 mila occupati, mentre il tasso di disoccupazione ufficiale si attesta al 12,6%, che equivale a 3 milioni e 220 mila persone (5).
Per far sì che quei 3 milioni e 220 mila di persone disoccupate tornino a lavorare, si potrebbe pensare di diminuire l'orario lavorativo medio nazionale in modo tale da riassorbire i disoccupati.
In Italia i lavoratori trascorrono al lavoro una media di 1.643 ore all'anno (6), vale a dire 205 giorni fatti di 8 ore lavorative.
Se si ripartisse questo orario sulla totalità delle persone che sono effettivamente in grado di lavorare, si otterrebbero 22.360*1.643/25.580 = 1.436 ore annue pro-capite lavorative medie, ovvero 205 giorni di lavoro a 7 ore al dì lavorativo.
Diminuendo per legge l'orario medio di lavoro di 1 ora, il problema della disoccupazione sarebbe risolto per la legge della domanda e dell'offerta.
Infatti, le aziende pubbliche e private avrebbero un ammanco di ore lavorate che dovrebbero compensare assumendo nuovi dipendenti, mentre i lavoratori autonomi, lavorando di meno, lascerebbero spazio per l'attività lavorativa ad altre persone.
Lavorando 1 ora al giorno in meno si avrebbe a ragione anche una riduzione dello stipendio pari a 1/8. Dato che la retribuzione media netta italiana è pari a 1.330 € si avrebbe un minor reddito mensile di 166 € circa (7).
Per far in modo che lo stipendio non diminuisca a causa del nuovo orario, sarebbe sufficiente che lo Stato si facesse carico del reintegro della quota di riduzione dello stipendio.
Moltiplicando i 166 € per il numero dei lavoratori si ottiene 4,25 miliardi al mese, che sono circa 51 miliardi all'anno.
Dal momento che il numero dei dipendenti pubblici è pari a 3 milioni e 375 mila (8), riducendo l'orario medio di 1/8 si verrebbe a creare un ammanco di ore lavorate nel settore pubblico pari a 3,375 milioni * (1.643-1.436) ore che, diviso per il nuovo orario di lavoro, restituisce 486 mila lavoratori.
Per tornare al precedente livello di ore lavorate nel servizio pubblico, lo Stato dovrebbe assumere 486 mila nuovi lavoratori.
Il costo aggiuntivo, oltre a quello menzionato, può essere stimato in modo approssimato in 19 €/h * 205 giorni * 7 ore * 486 milioni = 13 miliardi circa (9).
Nel complesso una manovra da 64 miliardi di euro circa potrebbe garantire la piena occupazione agli italiani.
64 miliardi sono veramente bazzecole per un'operazione che porterebbe il tasso di disoccupazione ufficiale quasi a zero, inducendo effetti straordinari sull'intera economia italiana e, cosa ben più importante, sulla felicità di 60 milioni di persone.
Certamente quel valore può essere ricalcolato in modo molto più accurato di come ho fatto ma, come dicono i fisici, visti gli ordini di grandezza in ballo, comprendiamo che è realmente possibile eliminare la disoccupazione senza creare ulteriore lavoro, semplicemente redistribuendo quello esistente, diminuendo l'orario pur mantenendo inalterate le retribuzioni.
Viviamo in una società che paga 80 miliardi all'anno di interessi sul debito (10), perché la moneta non è più in mano agli Stati che esercitavano la sovranità monetaria, ma è stata "sapientemente" ceduta a banche centrali private e addirittura indipendenti, come nel caso della BCE nell'Eurozona.
Così, anziché finanziarci autonomamente battendo moneta al tasso d'interesse più opportuno, siamo costretti a cedere ai ricatti del mercato, condannandoci al rischio di default.
Spendiamo 23 miliardi all'anno per mantenere l'esercito e fare guerre in giro per il mondo (11), ma quando si tratta di risolvere il problema della disoccupazione con una manovra redistributiva di 64 miliardi, potete scommetterci, le coperture non verranno trovate e la proposta di lavorare meno per lavorare tutti senza diminuire gli stipendi, non sarà nemmeno presa in considerazione, perché considerata economicamente insostenibile.
Il capitale e i politici asserviti alle sue esigenze, invece di prendersi cura del benessere degli esseri umani, preferiranno ancora una volta aumentare il consumo, l'inquinamento e negare i diritti ai lavoratori per sfruttarli con maggiore intensità, in modo da ottenere un maggior profitto.
Ora spero che sia chiaro a tutti che non abbiamo bisogno di "più lavoro". Al contrario, visti gli eccessi consumistici e le innumerevoli apparecchiature soggette a obsolescenza programmata, nell'ingiusta e inefficiente Società Capitalistica di lavoro, ce n'è addirittura in eccesso.
Lavoro e consumo sono collegati: più consumiamo e più dobbiamo lavorare, ma più consumiamo più inquiniamo; più lavoriamo e meno tempo abbiamo per vivere;
più lavoriamo e più inquiniamo, e più ci ammaliamo, così facendo peggioriamo drasticamente le condizioni di vita dell'intera umanità.
Non abbiamo bisogno di più lavoro, semmai di un maggior tempo libero per vivere la vita in condizione di libertà.
Che strano, ancora una volta tutto il contrario di quello che ci dicono i mass media.
In TV ci dicono che il lavoro nobilita l'uomo e che il lavoro è salutare; che lo scopo è di garantire un lavoro a tempo pieno a tutto il popolo, uomini, donne e anche ragazzi/e, che potrebbero lavorare d'estate sacrificando il periodo delle vacanze scolastiche (12).
Una follia sociale frutto di qualche mente malata di profitto, che non guarda minimamente al benessere degli esseri umani.
Se invece eliminassimo l'iper-consumo, di lavoro ce ne sarebbe ancor meno, pur continuando ad avere tutti i beni di cui abbiamo bisogno.
Tutto ciò si tradurrebbe in un minor lavoro e in una diminuzione dell'inquinamento ambientale, quindi in maggior tempo libero per vivere la vita e in una ritrovata salute psicofisica.
Considerando che le automazioni e le IA andranno a sostituire sempre di più gli esseri umani nelle loro mansioni, comprendiamo ancor meglio che di lavoro ce ne sarà sempre di meno, per nostra fortuna!
Sì, proprio così: per nostra fortuna. Tutto ciò non è un problema, anzi, si tratta piuttosto di una benedizione!
Infatti, se i beni ci sono, perché vengono prodotti dalle automazioni invece che dagli esseri umani, ma non c'è il lavoro, quale sarebbe il problema?
Il vero problema non è il lavoro che manca o quello che mancherà, il vero problema è la più totale inefficacia delle odierne logiche del mondo del lavoro e di quelle del sistema economico nel saper cogliere questa opportunità.
Direte: «Resteremo senza lavoro e quindi senza denaro, ecco qual è il problema!».
Certo, con le regole attuali, ma per fortuna ci sono diverse strategie per far tornare tutti al lavoro - per meno ore - riuscendo comunque ad assicurare l'accesso ai beni e ai servizi di cui ciascuno di noi ha bisogno.
Queste soluzioni passano innanzitutto per una riduzione della quota di lavoro pro-capite e del bisogno di consumo, e infine per una qualche forma d'integrazione del reddito, se necessario.
Lo ripeto, il problema non è nel lavoro che diminuisce, ma nella visione socio-economica nei confronti del lavoro, che è una vetusta impostazione ottocentesca che evidentemente non è più in grado di stare al passo con i tempi. Basta cambiarla, fine dei problemi.
D'altronde non c'è da stupirsi, il fine del capitalismo non è il raggiungimento del benessere collettivo né l'incremento della felicità, bensì la legittimazione e l'accrescimento della ricchezza e del potere di una élite, che da sempre si avvale di un ingiustificabile sfruttamento di esseri umani e risorse comuni.
Ecco perché il capitalismo, con la sua visione economica neoliberista volta al profitto, dimostra sempre più di essere totalmente incapace quando si tratta di cogliere le straordinarie opportunità che si prospettano per il nostro futuro e che potrebbero finalmente elevare gli esseri umani a una condizione di abbondanza, benessere e libertà inimmaginabili fino a qualche decennio fa.
Di questo, però, ci occuperemo nei prossimi capitoli.
Ora abbiamo un'impellente necessità: dobbiamo fare in modo che l'orario di lavoro venga diminuito mantenendo gli stipendi invariati, attuando una doverosa manovra di redistribuzione della ricchezza già esistente.
Un po' come sostenuto in quel famoso motto che diceva: «lavorare meno lavorare tutti» ma, aggiungo, mantenendo gli stipendi invariati.
Bene, se la pensate in questo modo iniziate a preoccuparvi:
i mass media hanno fatto un ottimo lavoro su di voi, avete imparato in maniera ineccepibile quello che dovevate imparare, pensate esattamente ciò che dovete pensare e ripetete come un pappagallo la presunta verità utile al potere.
Vi assicuro che c'è almeno una soluzione di gran lunga migliore. Come faccio a esserne certo?
Semplice, perché quella appena illustrata è la soluzione di cui ha bisogno il capitale, la classica "verità" diffusa a Ballarò (1), tanto per intenderci, e dal momento che il capitale trae vantaggio dallo sfruttamento indiscriminato di esseri umani e di risorse, già intuisco che quella, di certo, non può essere la strada ottimale, perché i capitalisti non guardano al benessere collettivo ma al loro egoistico interesse.
Non c'è bisogno di creare più lavoro, di lavoro ce n'è anche troppo, solo che è mal ripartito. C'è chi lavora 10 ore al giorno, sabato incluso, e chi è disoccupato.
Non dobbiamo rilanciare ulteriormente i consumi, perché è evidente che stiamo già iper-consumando.
L'ecosistema non ne può più del nostro stile di vita e inizia "amorevolmente" a inviarci dei segnali che dovrebbero farci intuire che non è più il caso di continuare così.
Ma al netto di queste belle parole, la disoccupazione resta. E allora, che fare?
Veniamo subito al dunque: per eliminare la disoccupazione è sufficiente ridurre l'orario di lavoro senza diminuire gli stipendi, finanziando l'operazione con una semplice manovra redistributiva.
Ora immaginate per un attimo cosa accadrebbe se tutti tornassero ad avere un lavoro con un orario ridotto e un livello di retribuzione invariato...
Semplice, le persone avrebbero più tempo per vivere la vita e i mass media potrebbero tornare a dedicare maggior spazio a tutte le stupidaggini che desiderano, come la cronaca, il calcio mercato o il gossip, continuando a distrarre e anestetizzare le menti così come hanno sempre fatto.
Lo so a cosa state pensando... lo so perfettamente! Che non ci sono i soldi per una simile manovra economica, e che quindi sia impossibile mantenere le retribuzioni invariate.
Vi leggo nella mente perché anche io sono quotidianamente indottrinato dal sistema, ma vivendo nella consapevolezza di questo fatto, cerco di andare oltre e mi chiedo: da dove prendiamo quei soldi?
Anche in questo caso, per quanto intendano farci credere che non ci siano soluzioni, le risposte sono almeno due.
La prima, è che il denaro è semplicemente un segno contabile creato dal nulla e a costo zero, memorizzato all'interno di qualche server di una banca.
Quindi dire che non ci sono i soldi per finanziare una certa operazione è una chiara assurdità.
I soldi ci sono, sono virtualmente infiniti e costano praticamente zero.
Guarda caso quando c'è da fare una guerra, o da rifinanziare il sistema bancario, come per magia i soldi spuntano sempre fuori e chissà come mai invece, quando si tratta di migliorare le condizioni di vita degli esseri umani ciò non è più possibile!
Si potrebbe quindi pensare a un'opportuna politica monetaria volta a integrare la diminuzione dello stipendio, ad esempio istituendo un reddito d'esistenza, ovvero una somma di denaro accreditata mensilmente, concessa a tutti gli individui di ogni età solo ed esclusivamente per il fatto di esistere.
La seconda, è che il PIL pro-capite in Italia è di 25.000 € all'anno circa, nonostante la crisi (2).
Pro-capite significa per ogni individuo: neonati, bambini, adolescenti, studenti, disoccupati, occupati e pensionati inclusi.
Quindi, in linea teorica, ogni italiano potrebbe disporre di 25.000 € all'anno a testa.
Così facendo una famiglia composta da padre, madre e 2 figli avrebbe un reddito di 100.000 € all'anno. Mica male!
Ma allora i soldi ci sono? Certo, e anche se non ci fossero potremmo sempre crearli dal nulla, se solo i politici, che "notoriamente" stanno dalla parte del popolo, non avessero ceduto la sovranità monetaria alle banche private!
Ma se tutti quei soldi sono in circolo, perché esiste la povertà?
Oh è semplicissimo: perché, invece di suddividere in parti uguali la ricchezza che siamo in grado di produrre, c'è chi se ne appropria avidamente in eccesso rispetto alla media.
La matematica ci dice che per ogni individuo che ha ricchezza al di sopra della media devono essercene altri che ne hanno al di sotto.
Che ci volete fare, a forza di guardare la TV ci siamo convinti che sia giusto che esistano individui ricchi, perché sono meritevoli, intelligenti, bravi, furbi o belli...
ma purtroppo ci siamo anche dimenticati che nella Società Capitalistica all'opulenza dei pochi corrisponde il malessere di molti, perlomeno fin quando non tocca a noi scendere sotto la media e trasformarci in poveri, stranamente in quel caso anche la matematica diventa chiara e semplice.
Allora chiediamoci: com'è allocata la ricchezza in Italia? Ce lo dice Bankitalia: il 10% delle famiglie più ricche possiede il 46,6% delle ricchezza netta familiare totale (3).
E nel mondo va ancora peggio: nel 2016 l’1% della popolazione sarà più ricco del restante 99%, stando a quanto recentemente dichiarato da Oxfam (4).
Bene, ma se l'1% della popolazione mondiale detiene il 50% della ricchezza totale, questo significa che il restante 99% potrebbe raddoppiare la propria ricchezza se solo quell'eccesso di accumulazione venisse redistribuito. E già, avete capito bene: raddoppiare!
Ma noi per risolvere la questione inerente la disoccupazione in Italia non dobbiamo mica raddoppiare la nostra ricchezza!
Abbiamo bisogno di diminuire l'orario di lavoro e mantenere inalterati gli stipendi, integrando il tutto con una manovra redistributiva che potrebbe essere finanziata prelevando ricchezza da chi ne ha in eccesso. Tutto qui!
Se immaginiamo di diminuire l'orario di lavoro di 1 ora al giorno, il nostro stipendio non verrà di certo dimezzato, ma diminuirà del 12,5% .
Se invece volessimo ridurlo di 2 ore al giorno, calerebbe di un 25%, nel caso di una diminuzione di 3 ore, ci sarebbe un ammanco del 37.5%.
D'accordo, ma di quanto dovrebbe diminuire l'orario? E soprattutto quanto costerebbe complessivamente una simile manovra?
Secondo le statistiche ISTAT, in Italia ci sono 22 milioni e 360 mila occupati, mentre il tasso di disoccupazione ufficiale si attesta al 12,6%, che equivale a 3 milioni e 220 mila persone (5).
Per far sì che quei 3 milioni e 220 mila di persone disoccupate tornino a lavorare, si potrebbe pensare di diminuire l'orario lavorativo medio nazionale in modo tale da riassorbire i disoccupati.
In Italia i lavoratori trascorrono al lavoro una media di 1.643 ore all'anno (6), vale a dire 205 giorni fatti di 8 ore lavorative.
Se si ripartisse questo orario sulla totalità delle persone che sono effettivamente in grado di lavorare, si otterrebbero 22.360*1.643/25.580 = 1.436 ore annue pro-capite lavorative medie, ovvero 205 giorni di lavoro a 7 ore al dì lavorativo.
Diminuendo per legge l'orario medio di lavoro di 1 ora, il problema della disoccupazione sarebbe risolto per la legge della domanda e dell'offerta.
Infatti, le aziende pubbliche e private avrebbero un ammanco di ore lavorate che dovrebbero compensare assumendo nuovi dipendenti, mentre i lavoratori autonomi, lavorando di meno, lascerebbero spazio per l'attività lavorativa ad altre persone.
Lavorando 1 ora al giorno in meno si avrebbe a ragione anche una riduzione dello stipendio pari a 1/8. Dato che la retribuzione media netta italiana è pari a 1.330 € si avrebbe un minor reddito mensile di 166 € circa (7).
Per far in modo che lo stipendio non diminuisca a causa del nuovo orario, sarebbe sufficiente che lo Stato si facesse carico del reintegro della quota di riduzione dello stipendio.
Moltiplicando i 166 € per il numero dei lavoratori si ottiene 4,25 miliardi al mese, che sono circa 51 miliardi all'anno.
Dal momento che il numero dei dipendenti pubblici è pari a 3 milioni e 375 mila (8), riducendo l'orario medio di 1/8 si verrebbe a creare un ammanco di ore lavorate nel settore pubblico pari a 3,375 milioni * (1.643-1.436) ore che, diviso per il nuovo orario di lavoro, restituisce 486 mila lavoratori.
Per tornare al precedente livello di ore lavorate nel servizio pubblico, lo Stato dovrebbe assumere 486 mila nuovi lavoratori.
Il costo aggiuntivo, oltre a quello menzionato, può essere stimato in modo approssimato in 19 €/h * 205 giorni * 7 ore * 486 milioni = 13 miliardi circa (9).
Nel complesso una manovra da 64 miliardi di euro circa potrebbe garantire la piena occupazione agli italiani.
64 miliardi sono veramente bazzecole per un'operazione che porterebbe il tasso di disoccupazione ufficiale quasi a zero, inducendo effetti straordinari sull'intera economia italiana e, cosa ben più importante, sulla felicità di 60 milioni di persone.
Certamente quel valore può essere ricalcolato in modo molto più accurato di come ho fatto ma, come dicono i fisici, visti gli ordini di grandezza in ballo, comprendiamo che è realmente possibile eliminare la disoccupazione senza creare ulteriore lavoro, semplicemente redistribuendo quello esistente, diminuendo l'orario pur mantenendo inalterate le retribuzioni.
Viviamo in una società che paga 80 miliardi all'anno di interessi sul debito (10), perché la moneta non è più in mano agli Stati che esercitavano la sovranità monetaria, ma è stata "sapientemente" ceduta a banche centrali private e addirittura indipendenti, come nel caso della BCE nell'Eurozona.
Così, anziché finanziarci autonomamente battendo moneta al tasso d'interesse più opportuno, siamo costretti a cedere ai ricatti del mercato, condannandoci al rischio di default.
Spendiamo 23 miliardi all'anno per mantenere l'esercito e fare guerre in giro per il mondo (11), ma quando si tratta di risolvere il problema della disoccupazione con una manovra redistributiva di 64 miliardi, potete scommetterci, le coperture non verranno trovate e la proposta di lavorare meno per lavorare tutti senza diminuire gli stipendi, non sarà nemmeno presa in considerazione, perché considerata economicamente insostenibile.
Il capitale e i politici asserviti alle sue esigenze, invece di prendersi cura del benessere degli esseri umani, preferiranno ancora una volta aumentare il consumo, l'inquinamento e negare i diritti ai lavoratori per sfruttarli con maggiore intensità, in modo da ottenere un maggior profitto.
Ora spero che sia chiaro a tutti che non abbiamo bisogno di "più lavoro". Al contrario, visti gli eccessi consumistici e le innumerevoli apparecchiature soggette a obsolescenza programmata, nell'ingiusta e inefficiente Società Capitalistica di lavoro, ce n'è addirittura in eccesso.
Lavoro e consumo sono collegati: più consumiamo e più dobbiamo lavorare, ma più consumiamo più inquiniamo; più lavoriamo e meno tempo abbiamo per vivere;
più lavoriamo e più inquiniamo, e più ci ammaliamo, così facendo peggioriamo drasticamente le condizioni di vita dell'intera umanità.
Non abbiamo bisogno di più lavoro, semmai di un maggior tempo libero per vivere la vita in condizione di libertà.
Che strano, ancora una volta tutto il contrario di quello che ci dicono i mass media.
In TV ci dicono che il lavoro nobilita l'uomo e che il lavoro è salutare; che lo scopo è di garantire un lavoro a tempo pieno a tutto il popolo, uomini, donne e anche ragazzi/e, che potrebbero lavorare d'estate sacrificando il periodo delle vacanze scolastiche (12).
Una follia sociale frutto di qualche mente malata di profitto, che non guarda minimamente al benessere degli esseri umani.
Se invece eliminassimo l'iper-consumo, di lavoro ce ne sarebbe ancor meno, pur continuando ad avere tutti i beni di cui abbiamo bisogno.
Tutto ciò si tradurrebbe in un minor lavoro e in una diminuzione dell'inquinamento ambientale, quindi in maggior tempo libero per vivere la vita e in una ritrovata salute psicofisica.
Considerando che le automazioni e le IA andranno a sostituire sempre di più gli esseri umani nelle loro mansioni, comprendiamo ancor meglio che di lavoro ce ne sarà sempre di meno, per nostra fortuna!
Sì, proprio così: per nostra fortuna. Tutto ciò non è un problema, anzi, si tratta piuttosto di una benedizione!
Infatti, se i beni ci sono, perché vengono prodotti dalle automazioni invece che dagli esseri umani, ma non c'è il lavoro, quale sarebbe il problema?
Il vero problema non è il lavoro che manca o quello che mancherà, il vero problema è la più totale inefficacia delle odierne logiche del mondo del lavoro e di quelle del sistema economico nel saper cogliere questa opportunità.
Direte: «Resteremo senza lavoro e quindi senza denaro, ecco qual è il problema!».
Certo, con le regole attuali, ma per fortuna ci sono diverse strategie per far tornare tutti al lavoro - per meno ore - riuscendo comunque ad assicurare l'accesso ai beni e ai servizi di cui ciascuno di noi ha bisogno.
Queste soluzioni passano innanzitutto per una riduzione della quota di lavoro pro-capite e del bisogno di consumo, e infine per una qualche forma d'integrazione del reddito, se necessario.
Lo ripeto, il problema non è nel lavoro che diminuisce, ma nella visione socio-economica nei confronti del lavoro, che è una vetusta impostazione ottocentesca che evidentemente non è più in grado di stare al passo con i tempi. Basta cambiarla, fine dei problemi.
D'altronde non c'è da stupirsi, il fine del capitalismo non è il raggiungimento del benessere collettivo né l'incremento della felicità, bensì la legittimazione e l'accrescimento della ricchezza e del potere di una élite, che da sempre si avvale di un ingiustificabile sfruttamento di esseri umani e risorse comuni.
Ecco perché il capitalismo, con la sua visione economica neoliberista volta al profitto, dimostra sempre più di essere totalmente incapace quando si tratta di cogliere le straordinarie opportunità che si prospettano per il nostro futuro e che potrebbero finalmente elevare gli esseri umani a una condizione di abbondanza, benessere e libertà inimmaginabili fino a qualche decennio fa.
Di questo, però, ci occuperemo nei prossimi capitoli.
Ora abbiamo un'impellente necessità: dobbiamo fare in modo che l'orario di lavoro venga diminuito mantenendo gli stipendi invariati, attuando una doverosa manovra di redistribuzione della ricchezza già esistente.
Un po' come sostenuto in quel famoso motto che diceva: «lavorare meno lavorare tutti» ma, aggiungo, mantenendo gli stipendi invariati.
Mirco Mariucci
Se le idee contenute in questo saggio ti sono piaciute, puoi acquistare o scaricare gratuitamente la raccolta completa delle riflessioni di Mirco Mariucci al seguente indirizzo.
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