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mercoledì, ottobre 01, 2025

Diffida urgente a seguito dichiarazioni del Ministro Tajani Settembre 24, 2025 con commento di Gemini I.A



Il Ministro degli Esteri con una sua dichiarazione ha di fatto riconosciuto il diritto del Governo Israeliano di effettuare il blocco, di fermare, sequestrare, arrestare i membri degli equipaggi. Questo comportamento costituisce una complicità nei crimini di genocidio, di guerra e contro l’umanità che Israele sta compiendo, che si commettano anche con l’affamamento della popolazione e il blocco. Diffidiamo a fare quanto necessario per proteggere realmente la flotilla e i suoi membri e per cessare ogni concorso in quei crimini.


Azioni in difesa della Flotilla

Signora
Presidente del Consiglio dei Ministri
On. Giorgia Meloni

Al Signor
Ministro della Difesa
On. Guido Crosetto

Al Signor
Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale
On. Antonio Tajani

Al sig.
Ambasciatore Luca Ferrari
Ambasciata d’Italia in Tel Aviv

I sottoscritto avv. Stefano Andrade Fajardo del Foro di Verona, avv. Michela Arricale del Foro di Avellino, avv. Fausto Gianelli del Foro di Modena, avv. Claudio Giangiacomo del Foro di Roma, avv. Fabio Marcelli del Foro di Velletri, prof. Ugo Mattei, Professore Ordinario di Diritto Civile presso l’Università degli Studi di Torino, avv. Gilberto Pagani del Foro di Milano, avv.a Michela Poletti del Foro di Massa Carrara, avv. Luca Saltalamacchia del Foro di Napoli, avv. Gianluca Vitale del Foro di Torino, tutti rappresentati dall’avv. Gianluca Vitale e presso il suo studio domiciliati ai fini del presente atto, come da mandato al deposito in data 2 settembre 2025,

premesso che:
è fatto notorio che decine di imbarcazioni civili, componenti la cd Global Sumud Flotilla, sono in navigazione verso le coste di Gaza, alcune anche partite dall’Italia e/o battenti bandiera italiana, e che comunque vedono imbarcati diversi cittadini italiani, tra cui alcuni parlamentari;
scopo di tale operazione è quello di portare cibo e beni di prima necessità alla popolazione di Gaza sfiancata da quasi due anni di aggressione da parte delle forze dell’esercito dello Stato di Israele e dal blocco alla fornitura di aiuti indipendenti decise dal Governo dello Stato di Israele;

con documento A/HRC/C/60/CRP_3 del 16 settembre 2025 la Independent International Commission of Inquiry on the Occupied Palestinian Territory, including East Jerusalem, and Israel, commissione indipendente istituita nel 2021 dal Consiglio dei Diritti Umani delle Nazioni Unite (di seguito “la Commissione”), ha concluso “sulla base di motivi ragionevoli, che le autorità israeliane e le forze di sicurezza israeliane hanno commesso e continuano a commettere i seguenti atti di genocidio nei confronti dei palestinesi nella Striscia di Gaza, ovvero (i) uccidere membri del gruppo; (ii) causare gravi danni fisici o mentali ai membri del gruppo; (iii) l’imposizione al gruppo di condizioni di vita volte a provocarne la distruzione fisica, totale o parziale; e ( iv) l’imposizione di misure volte a impedire le nascite all’interno del gruppo” (par. 252);

a tali conclusioni la Commissione perviene dopo una lunga disamina degli avvenimenti nella Striscia di Gaza successivi al 7 ottobre 2023 e dopo aver ricordato le ordinanze adottate dalla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) in ordine alle operazioni delle autorità dello Stato di Israele a Gaza; la Commisione rileva, inoltre, (par. 3) che “Nelle sue precedenti relazioni al Consiglio dei diritti umani e all’Assemblea generale, la Commissione ha riscontrato che le forze di sicurezza israeliane hanno commesso crimini contro l’umanità e crimini di guerra a Gaza, tra cui sterminio, tortura, stupro, violenza sessuale e altri atti disumani, trattamenti inumani, trasferimenti forzati, persecuzioni basate sul genere e la fame come metodo di guerra. Inoltre, la Commissione ha riscontrato che le
autorità israeliane hanno ( i) distrutto in parte la capacità riproduttiva dei palestinesi a Gaza come gruppo, anche imponendo misure volte a impedire le nascite; e (ii) inflitto deliberatamente condizioni di vita calcolate per provocare la distruzione fisica dei palestinesi come gruppo, entrambi atti che costituiscono genocidio ai sensi dello Statuto di Roma e della Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio ( “Convenzione sul genocidio”)”;

con riferimento in particolare al blocco degli aiuti umanitari, la Commissione riferisce di aver “riscontrato che le autorità israeliane erano consapevoli dell’elevata probabilità che le loro operazioni militari, l’imposizione di un assedio totale, compreso il blocco degli aiuti umanitari a Gaza, e la distruzione di abitazioni e di strutture sanitarie avrebbero portato alla distruzione fisica
dei palestinesi, in tutto o in parte, a Gaza” (par. 144) così contribuendo tale condotta alla commissione del crimine di genocidio;

nel richiamato atto del settembre 2025 la Commissione (par. 246 ss.) ricorda anche gli obblighi incombenti sugli Stati terzi, che consistono non solo nella punizione degli atti di genocidio che siano stati commessi, ma anche nella prevenzione di tali atti, anche in assenza di uno specifico ed esplicito ordine al singolo Stato terzo da parte della ICJ (che, peraltro, con le ordinanza cautelari adottate, ha quanto meno informato gli Stati della plausibile commissione di atti di genocidio ed ha indicato la necessità di adottare misure a prevenzione della commissione di tali atti e a tutela della popolazione palestinese vittima di tali atti);
tali obblighi non possono che incombere sullo Stato italiano in quanto aderente al sistema di diritto internazionale ed alle Nazioni Unite, obbligato al rispetto delle deliberazioni della ICJ, stato parte della Convenzione sul genocidio;
tra gli obblighi da ciò derivanti vi è, dunque, anche quello di non concorrere ed anzi di prevenire, contrastare e dunque reprimere gli atti di genocidio che siano commessi, tra i quali proprio l’imposizione dell’assedio a Gaza e l’utilizzo del blocco degli aiuti umanitari e l’uso della fame (che già costituisce ex sé crimine di guerra; art. 54 del Primo Protocollo addizionale alle convenzioni di Ginevra del 12 agosto 1949, relativo alla protezione delle vittime dei conflitti armati internazionali;
art. 8, co. 2, lett. B, n. 25 dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale);
incombe pertanto, sullo Stato italiano, l’obbligo di non concorrere nell’assedio di Gaza in corso e nel connesso blocco degli aiuti umanitari, facendo quanto possibile affinché eventuali beni finalizzati ad alleviare le drammatiche condizioni della popolazione di Gaza possano giungere a destinazione;
nel perseguire l’obiettivo di rompere l’assedio e di consegnare gli aiuti alla popolazione di Gaza l’operazione in corso di svolgimento da parte della Global Sumud Flotilla si svolge pertanto nel perimetro del diritto internazionale e mira a perseguire gli obiettivi indicati dalla ICJ;
in quanto ciò possa essere possibile, le Autorità italiane, oltre a non concorrere con il mantenimento dell’assedio a Gaza e all’utilizzo della fame come metodo di guerra e di annientamento della popolazione, hanno l’obbligo di favorire le operazioni della Global Sumud Flotilla e di proteggere i suoi componenti;
già in data 2 settembre 2025 gli scriventi, a fronte delle gravissime minacce mosse da alti esponenti del Governo dello Stato di Israele contro i componenti della Global Sumud Flotilla, hanno diffidato “il Governo italiano affinché attivi, senza ulteriori ritardi, ogni canale diplomatico per scongiurare le
minacciate credibili azioni violente dell’entità sionista, che oggi si colloca in definitiva e apparentemente irrimediabile violazione della legalità internazionale, assicurando inoltre adeguata protezione anche mediante la marina militare (come avviene in altre aree marine a protezione dei natanti contro atti di pirateria)”.
a seguito di tale diffida nessuna comunicazione è pervenuta agli scriventi da parte delle Autorità cui era rivolta;

recentemente il Ministro degli Esteri on. Tajani avrebbe dichiarato di aver “chiesto al Governo israeliano di tutelare i nostri cittadini e soprattutto i parlamentari (…). Poi bisogna vedere cosa fa la flottiglia: se per gli israeliani commette un reato, il rischio è quello del fermo e dell’espulsione (…)”; ancora, il Ministro avrebbe concluso che “noi ci siamo raccomandati di tutelare i nostri cittadini,
di più non possiamo fare. Non possiamo dichiarare guerra a Israele e accompagnare con la Marina militare a flottiglia e violare il blocco navale israeliano”;
ove rispondenti al vero, tali affermazioni sarebbero dimostrative della volontà del Governo italiano di non garantire adeguata protezione diplomatica ai membri italiani della flotilla (tale non potendo ritenersi una semplice richiesta di tutelare i nostri cittadini) e di ritenere di dover supinamente accogliere come legittima ogni decisione delle Autorità dello Stato di Israele in merito al trattamento dei componenti la flotilla come pienamente legittimo (ivi compreso nel caso in cui essi vengano ritenuti, in quanto autori di un tentativo di violazione del blocco per portare aiuti umanitari, alla stregua di terroristi, e come tali sottoposti al conseguente trattamento giudiziario e penitenziario, come ampiamente dichiarato e minacciato dalle massime autorità del Governo dello Stato di Israele);
esse, inoltre, paleserebbero che il Ministro degli Esteri ritenga anche il blocco navale operato dalle Autorità dello Stato di Israele come pienamente legittimo;
oltre a quanto sopra evidenziato in ordine all’utilizzo da parte delle Autorità dello Stato di Israele del blocco degli aiuti umanitari come metodo di guerra ed elemento del crimine di genocidio, deve aggiungersi che il blocco navale (anche al di là della sua palese connessione con il crimine di guerra e con il crimine di genocidio ricordati) si palesa come del tutto illegittimo; ai sensi delle disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare del 1982, ratificata con l. 689/1994, nelle acque internazionali vige il diritto di libera navigazione (art. 87),
mentre illegittima è la pretesa di qualsivoglia Stato di esercitare la propria sovranità su alcuna parte dell’alto mare (art. 89); la sovranità sul natante può, dunque, essere esercitata unicamente dallo Stato di bandiera;
sul punto deve rilevarsi come in precedenza le Autorità dello Stato di Israele si sono rese responsabili di gravi violazioni del diritto internazionale, avendo abbordato con le armi natanti che si trovavano in acque internazionali, sequestrato i natanti, trattenuto ed arrestato (in passato anche ucciso) i componenti gli equipaggi, con ciò gravemente violando le disposizioni in materia di diritto della navigazione in alto mare;
a fronte di minacce di aggressioni anche armate nei confronti di natanti italiani e cittadini italiani in acque internazionali, pertanto, ben possono e devono le Autorità nazionali inviare natanti che pattuglino l’area di transito delle navi e garantiscano la loro incolumità, come già in altre occasioni accaduto (si veda, a titolo esemplificativo, l’operazione della Marina Militare nel Golfo di Guinea
denominata “Gabinia”);
sulla base di tali argomentazioni e dei precedenti interventi delle autorità israeliane deve ritenersi pienamente legittima e giustificata la richiesta di adeguata protezione anche materiale alle navi della Global Sumd Flotilla, esposte al rischio di aggressione, anche in acque internazionali, da parte delle Autorità dello Stato di Israele;
quanto alla ipotetica “violazione” del blocco navale, si deve evidenziare come sia il blocco a palesarsi come del tutto illegittimo;
anche a prescindere dalla questione attinente la definizione delle acque prospicienti la Striscia di Gaza come acque territoriali dello Stato di Israele ovvero sottoposte al controllo e dunque “acque territoriali” della Striscia di Gaza, infatti, tale blocco è esteso in primo luogo anche ed in maniera radicale ed assoluta al “passaggio inoffensivo” nelle acque territoriali (passaggio che, ai sensi degli artt. 18 e 19 della Convenzione sul diritto del mare, deve essere consentito liberamente dallo stato costiero), sia e soprattutto in quanto come sopra già ampiamente richiamato, tale blocco costituisce oggi condotta materiale del reato di genocidio;
occorre, in proposito, rammentare in primo luogo che la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio del 1949 (ratificata e resa esecutiva con L. 153/1952) obblighi gli Stati Parte a prevenire e punire il reato di genocidio e la complicità nel genocidio;
inoltre, ai sensi delle disposizioni di cui alla legge 962/1967, rubricata “prevenzione e repressione del delitto di genocidio”, risponde di tale delitto (punito con la reclusione da ventiquattro a trent’anni) “Chiunque, al fine di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso
come tale, commette atti diretti a cagionare la morte o lesioni personali gravissime a persone appartenenti al gruppo (…). La stessa pena si applica a chi, allo stesso fine, sottopone persone appartenenti al gruppo a condizioni di vita tali da determinare la distruzione fisica, totale o parziale del gruppo stesso”;
l’ausilio prestato in Italia alla commissione di tali atti (materialmente commessi all’estero) ben può costituire concorso nel delitto di genocidio, atteso che in tal caso in Italia si realizzerebbe parte della condotta volitiva del delitto (l’atto materiale essendo all’estero l’imposizione del blocco e, in Italia, la
sua legittimazione ed approvazione) ovvero e comunque non potrebbe che ritenersi sanzionabile sia a titolo di concorso morale atipico sia ai sensi del capoverso dell’art. 40 c.p., incombendo in capo alle autorità italiane ai sensi delle richiamate disposizioni della Convenzione l’obbligo giuridico di impedire la commissione di atti di genocidio.

Tutto quanto sopra esposto e considerato, gli scriventi, preso atto delle dichiarazioni attribuite al Ministro Tajani sopra richiamate, con la presente
ritenute le dichiarazioni ad egli attribuite, ove veritiere ed espressione delle comuni volontà delle Autorità qui in indirizzo, gravemente tese al rifiuto di fatto di adeguata tutela alle persone e alle imbarcazioni partecipanti alla Global Sumud Flotilla, e potenzialmente significative di un concorso delle predette autorità nei crimini commessi dalle Autorità dello Stato di Israele sopra richiamati,
reiterano la loro diffida ad adottare ogni misura a tutela delle persone e della legalità internazionale e a prevenzione della commissione di ulteriori atti di genocidio, precisando sin d’ora che in difetto saranno adite le competenti sedi giurisdizionali nazionali ed internazionali.

Commento di Gemini I.A

L'Atto di Diffida Legale: Un'Azione Forte Contro il Governo

Il documento in esame è una diffida formale congiunta, un atto legale di notevole peso, inviato da un gruppo di avvocati e un accademico di Diritto Civile ai massimi vertici del Governo italiano (Presidente del Consiglio, Ministri degli Esteri e della Difesa). L'obiettivo è duplice: contestare le presunte dichiarazioni del Ministro Antonio Tajani e sollecitare lo Stato italiano ad adempiere ai suoi obblighi internazionali in difesa della Global Sumud Flotilla diretta a Gaza.

1. Il Contesto Legale: Genocidio e Obblighi di Prevenzione

L'argomentazione legale centrale della diffida poggia su basi estremamente serie e specifiche:

  • Il Rapporto ONU (Settembre 2025): Gli scriventi richiamano il documento della Independent International Commission of Inquiry delle Nazioni Unite, il quale conclude (sulla base di motivi ragionevoli) che le autorità israeliane stanno commettendo atti di genocidio a Gaza. Questi atti includono l'imposizione di condizioni di vita volte alla distruzione fisica della popolazione e l'uso della fame.

  • La Priorità della Convenzione sul Genocidio: Richiamando la Convenzione per la prevenzione e la punizione del crimine di genocidio (ratificata dall'Italia), si sottolinea l'obbligo per tutti gli Stati aderenti non solo di punire gli atti di genocidio commessi, ma soprattutto di prevenirli. Questo obbligo, secondo la diffida, innalza la questione della Flotilla da un mero incidente diplomatico a un imperativo di legalità internazionale.

In quest'ottica, l'Italia avrebbe l'obbligo di non concorrere e di contrastare attivamente l'assedio di Gaza e il blocco degli aiuti umanitari, in quanto essi sono qualificati come elementi materiali del crimine di genocidio.


2. La Contestazione delle Dichiarazioni del Ministro Tajani

Le presunte affermazioni del Ministro Tajani — in cui avrebbe espresso preoccupazione, ma anche riconosciuto il rischio di fermo e sequestro da parte israeliana, dichiarando che l'Italia "non può dichiarare guerra a Israele e accompagnare con la Marina militare la flottiglia e violare il blocco navale israeliano" — vengono interpretate come:

  1. Rifiuto di Protezione Adeguata: Una semplice "raccomandazione di tutelare i nostri cittadini" non sarebbe sufficiente a fronte di minacce credibili.

  2. Legittimazione del Blocco Illegittimo: La dichiarazione implicherebbe la supina accettazione della presunta legittimità del blocco israeliano.

Gli avvocati ribattono che il blocco navale è da ritenersi illegittimo su due fronti:

  • Diritto del Mare: Violerebbe il diritto di libera navigazione in acque internazionali (UNCLOS). L'abbordaggio e il sequestro di natanti in acque internazionali sono già stati in passato gravi violazioni del diritto internazionale.

  • Crimini Internazionali: Il blocco costituisce un crimine di guerra (uso della fame) e un elemento del crimine di genocidio. La protezione della Flotilla non è un atto ostile (un casus belli), ma l'adempimento di un obbligo di prevenzione del genocidio, che prevale su qualsiasi presunta legittimità del blocco contestato.


3. Il Rischio di "Concorso nel Genocidio" ai Sensi della Legge Italiana

La diffida solleva un punto di diritto interno particolarmente delicato: il rischio di concorso nel delitto di genocidio ai sensi della Legge italiana (L. 962/1967).

Secondo gli scriventi, se le autorità italiane, con la loro inazione o con la legittimazione verbale del blocco, venissero meno all'obbligo giuridico di impedire un atto di genocidio, si potrebbe configurare una forma di concorso morale atipico o una responsabilità ai sensi dell'art. 40 c.p. (omissione come causa di un evento non impedito). La "legittimazione ed approvazione" del blocco in Italia costituirebbe la parte volitiva del concorso in un reato materiale commesso all'estero.

In sintesi, l'atto degli avvocati è un monito forte: il Governo italiano deve scegliere se agire in piena conformità con i suoi obblighi internazionali di prevenzione del genocidio e di tutela dei suoi cittadini in acque internazionali, o rischiare di vedere la sua condotta valutata come un'inammissibile inerzia, o persino un concorso, in crimini gravissimi. La richiesta finale è di adottare "ogni misura a tutela delle persone e della legalità internazionale," pena l'azione nelle sedi giurisdizionali nazionali e internazionali.

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