L'articolo di Douglas Macgregor, "Un giorno che rimarrà nell'infamia", ha acceso un dibattito acceso sulla recente (e ipotetica, per l'articolo) escalation tra Stati Uniti e Iran. Macgregor, noto per le sue analisi spesso controcorrente, presenta una visione che sfida apertamente le narrazioni convenzionali, gettando dubbi sull'efficacia degli attacchi americani e sulla presunta superiorità strategica di Washington.
La sua tesi centrale ruota attorno a due concetti chiave: una quasi "immunità" o imprevedibilità iraniana e una profonda "stupidità" strategica di Washington. Ma da dove derivano queste conclusioni così nette?
L'Iran: Un Avversario Inaspettatamente Resiliente?
Macgregor esprime forte scetticismo sull'efficacia di un attacco "chirurgico" statunitense agli impianti nucleari iraniani. La sua convinzione che le strutture fossero "prive di personale" e di materiali critici suggerisce che l'intelligence americana abbia commesso errori di valutazione o che l'Iran abbia adottato contromisure intelligenti, spostando le risorse più importanti. Questo lo porta a ipotizzare una capacità iraniana di anticipare e minimizzare i danni, rendendo l'attacco "irrilevante" dal punto di vista strategico.
Per Macgregor, la forza dell'Iran non risiede solo in capacità militari convenzionali, ma nella sua resilienza strategica e nella capacità di risposta asimmetrica. L'autore sottolinea che l'Iran, a differenza di altri Paesi bombardati (come Iraq e Libia), non capitolerà e risponderà in modi inaspettati. Questo si traduce anche nella capacità di Teheran di controllare l'escalation, sfruttando la sua influenza su punti nevralgici come lo Stretto di Hormuz. La potenziale chiusura dello Stretto, con le sue devastanti conseguenze economiche globali, è vista come una delle "risorse nascoste" dell'Iran: una leva potentissima che va ben oltre il puro scontro militare.
Inoltre, Macgregor attribuisce all'Iran una "supremazia politica e morale". Questo non è un giudizio sulla superiorità etica, ma una valutazione pragmatica del contesto: l'Iran è percepito, da Macgregor, come un attore che risponde a provocazioni e violazioni del diritto internazionale, un posizionamento che potrebbe garantirgli maggiore legittimità e sostegno in alcune parti del mondo.
La "Stupidità" di Washington: Una Critica Radicale
La critica più severa di Macgregor è rivolta all'establishment politico e militare di Washington, accusato di una profonda "stupidità" strategica. Citando Dietrich Bonhoeffer, l'autore descrive questa "stupidità" non come mancanza di intelletto, ma come una sorta di compiacimento e rigidità mentale che rende ciechi di fronte ai fatti e incapaci di apprendere dagli errori.
Secondo Macgregor, la decisione di sostenere incondizionatamente Israele in una guerra contro l'Iran è l'apice di questa "stupidità". Non solo si ignora la resilienza iraniana e le sue capacità di risposta, ma si rischia di trascinare gli Stati Uniti in un conflitto "ingiusto" e destinato a fallire. La conseguenza più grave, a suo avviso, sarà il crollo del prestigio americano e l'esacerbazione di problemi interni, come la sicurezza dei confini, in un contesto di crescente tensione globale.
L'analisi di Douglas Macgregor, sebbene provocatoria e in alcuni punti estrema, ci spinge a riflettere criticamente sulle dinamiche geopolitiche attuali e sulle potenziali conseguenze di azioni militari unilaterali. È un invito a guardare oltre le narrazioni ufficiali e a considerare la complessità degli attori in gioco.
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